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“Ho un debito con l’Italia”

Storia di Aline Aquino Gargiulo

Con queste parole inizia la storia di Aline Aquino Gargiulo. Aline è una donna sempre sorridente, molto educata e allegra. Come molti brasiliani, Aline ha origini italiane e questo suo essere italiana si è manifestato più volte nella sua vita, ma non sembrava mai essere il momento giusto per dedicarsi completamente allo studio della lingua e della cultura italiana. Ma, un bel giorno, qualcosa è cambiato: era arrivato il suo momento. Da quel momento in poi, Aline ha capito molte cose di sé, della sua famiglia, del suo modo di pensare e agire.

Intervista di Consuelo Peruzzo

Quando parlo con Aline, mi sembra di parlare con un’amica. Si esprime in italiano con estrema naturalità e scioltezza. Questa intervista sembra più una conversazione tra due amiche che vogliono capire qualcosa in più dell’altra. Scopriamo quindi la storia di Aline Aquino Gargiulo, una brasiliana con il cuore e l’anima italiana.

– Ciao Aline come stai?

  • Sto bene grazie e tu?

– Tutto bene grazie. Sei pronta per iniziare? Raccontaci chi sei e cosa fai?

  • Sono pronta. Mi chiamo Aline Gagiulo. Sono nata in Brasile e sono di origine italiana. Ho 47 anni. Sono medico da 22 anni, pediatra e lavoro in terapia intensiva pediatrica.

– Ci racconti un po’ la storia di Aline Aquino Gargiulo? Che origini hai?

  • Il mio bisnonno era della provincia di Napoli ed è venuto in Brasile nel 1896. È venuto con tutta la sua famiglia: papà, mamma e 5 fratelli. Era il primogenito e all’epoca aveva 18 anni. Il fratello più piccolo aveva 1 anno. Ho trovato queste informazioni cercado nel ministero brasiliano. La famiglia è sbarcata a Rio de Janeiro, ma in quel periodo a Rio c’era la collera, quindi lo sbarco è avvenuto a Ilha das Flores e non al porto di Rio. Facendo delle ricerche, ho trovato il registro della migrazione, quando sono arrivati nella mia città ed è lì che ho scoperto che erano venuti da Ilha das Flores. Ho cercato in internet e si narra che Ilha das Flores era una “hospedaria de migrantes”. Ho anche scoperto che la nave con cui sono arrivati si chiamava Assiduità ed è partita da Genova. La mia famiglia è arrivata a Ilha das Flores il 31 agosto 1896 e poi a Juiz de Fora il 4 settembre 1896.

– Sai perché hanno cambiato città?

  • Nel documento c’è scritto che era un contratto di lavoro tra una compagnia italiana e brasiliana. Molte volte, i proprietari delle fattorie qui in Brasile facevano dei contratti agli italiani e gli italiani dovevano lavorare per loro. Mio bisnonno ha lavorato in fabbrica e poi ha conosciuto la mia bisnonna che era di origine italiana e si sono sposati. Il mio bisnonno ha cercato di tornare in Italia, ma il fratello della mia bisnonna ha chiesto che lei rimanesse in Brasile. Però, il mio bisnonno è partito lo stesso perché voleva ritornare in patria e cercare un buon lavoro là. Il fratello di mia bisnonna aveva detto che lei poteva andare in Italia solo se il mio bisnonno avesse trovato un buon lavoro. Il fratello stesso avrebbe portata in nave la mia bisnonna e sua figlia. Ma non è successo, quindi il mio bisnonno è tornato in Brasile. So che il mio bisnonno ha lavorato durante per permettere ai suoi figli di crescere bene e per dargli un futuro migliore. A loro volta i miei nonni hanno cercato di dare un futuro migliore ai loro figli. E mio papà e mia mamma hanno dato a noi l’opportunità di studiare e di credere in quello che facciamo. Ecco, io penso che il mio bisnonno sarebbe molto orgoglioso di noi, di quello che abbiamo creato e di quello che siamo.

– Da quanto tempo desideri studiare italiano?

  • Fin da bambina desideravo parlare italiano. Mio nonno ha perso suo papà quando aveva 20 anni. Mio nonno non parlava italiano. I miei bisnonni non hanno mai parlato italiano con i figli, ma tra di loro lo parlavano.

– Mi hai detto che ami la lingua italiana, l’Italia e la cultura, quindi ti chiedo: come mai non hai studiato italiano?

  • Non avevo tempo di studiare. Dovevo studiare per la scuola, per entrare all’università, poi per essere medico e quindi ho lasciato questo sogno di lato. Siccome il mio orario è rotativo, non potevo fare corsi con orario fisso. Poi, ho deciso di fare la richiesta di cittadinanza e per me è diventato un obbligo, un bisogno parlare. Io ho bisogno di questo. Per me non è giusto, come adulta ricevere una cittadinanza per origine, senza sapere l’italiano. Sono una persona adulta che ha fatto questa richiesta coscientemente e per me è giusto parlare italiano. Io mi sento in dovere con la cultura italiana, con la storia della mia famiglia. Penso che ricevere il riconoscimento di essere cittadina italiana è un regalo e quindi mi sento in dovere di dare a mia volta qualcosa all’Italia e agli italiani. Per me è il minimo che devo fare. Lo devo al mio bisnonno.

– E come hai iniziato a studiare italiano?

  • Ho trovato il corso di Giulia in internet e per me è stato qualcosa di fantastico. Posso fare il corso quando voglio e con il mio tempo. E questo dipende solo da me. Sono io che gestisco tutto.

– Hai iniziato il corso meno di un anno fai e l’hai concluso. Come hai fatto? Quale magia hai fatto?

  • Io ho voglia di imparare, porto con me il quaderno e quando ho momenti liberi, apro il quaderno e studio un po’. E penso di aver fatto il corso abbastanza velocemente. Per finire il corso velocemente le persone dovrebbero studiare 24 ore perché c’è molto materiale, esercizi, video. E questo richiede del tempo. Io ho voluto copiare tutto, ma Giulia non lo dice. Io lo faccio per memorizzare. Io non so tutto il vocabolario presente nel corso, ma so quello che più uso, quello che più sento. Per me è divertente accendere la radio, vedere la Rai e capire il 60/70% delle notizie. Alcune volte ho scoperto delle notizie ascoltando la radio Rai e poi ho cercato conferma nei giornali brasiliani, ma prima avevo appreso da fonti italiane. Per esempio, ascoltando la radio in macchina, ho appreso che il Papa era stato operato e quando sono arrivata a casa ho acceso la tv per capire se avevo capito bene. E avevo capito tutto. Anche con l’incidente a Venezia, avevo letto la notizia su La Repubblica e poi ho cercato conferma nei giornali italiani. Per me tutto questo è divertente. Io prima di questo corso, non parlavo e non capivo nulla di italiano.

– Questo corso che cosa ti ha dato?

  • Mi ha aperto un mondo diverso, la cultura italiana, il modo di pensare degli italiani. E ho capito che molti atteggiamenti della mia famiglia e tradizioni sono italiani.

– Possiamo dire che hai fatto pace con la tua parte italiana?

  • Sì.

– Che sensazione ti dà?

  • È bello capire perché la mia famiglia è così, perché facciamo feste, perché tutto finisce con una pizza o una pasta. Siamo tutti uniti, sia quando abbiamo belle notizie, sia quando ne abbiamo di brutte. Per me è divertente capire perché siamo così. La mia famiglia preferisce stare a casa tutti insieme, giocare con i bambini. Per noi, questo è il significato della vita e con il corso ho capito che in Italia si pensa così: si preferisce stare con gli amici, la famiglia, vedere un film assieme. Fare piccole cose, insieme, con la famiglia e la mia famiglia è così. Penso che questo venga da mio nonno, di dare importanza alle piccole cose che non sono scontate. Un’altra cosa che ho ereditato è l’importanza del lavoro e dello studio. La mia famiglia mi ha trasmesso che per conquistare un sogno si deve lavorare molto.

– Perché proprio il corso di Giulia?

  • Un giorno ho sentito Dario (Dario Musumeci di Pesquisa Italiana) parlare di questo corso e ho pensato a quello che stava dicendo. Lui ha detto che “le persone di origine italiana che fanno la richiesta di cittadinanza è bello che parlino italiano per incentivare la lingua, la cultura italiana” e io stessa pensavo questo, quindi ho iniziato per questo. Ho provato fiducia. Lui diceva che non è obbligatorio, ma è un contributo per il paese, per il popolo. Così mi sono iscritta all’evento gratuito di “Vivere” ed è stato fantastico. Ho capito subito che il metodo era adatto a me.

– Sei felice di averlo fatt0?

  • Sì. Noi impariamo senza percepire che stiamo imparando. All’inizio facciamo piccole cose, piccoli testi e poi, un giorno ti ritrovi a fare grandi testi. E lì ho capito la magia di questo corso. Facendo tutto, ogni piccola cosa che sembra insignificante, ma non lo è. Penso che il metodo sia molto bello.

– Se tornassi indietro lo rifaresti?

  • Assolutamente sì.

– Aline, ti ringrazio tanto per avermi dedicato questo tempo. È stato molto bello poter parlare con te e conoscere la tua storia. Per me, è meraviglioso conoscere queste storie di immigranti che, in un qualche modo, sono riusciti a creare qualcosa di fantastico dal nulla.

Questa intervista si è svolta interamente in italiano. All’epoca dell’intervista, Aline stava studiando italiano da 11 mesi.

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