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“Ogni giorno cerco di mantenere vivo dentro di me il fuoco italiano”

Storia di Fábio Alex Marques

La storia di Fábio è un po’ diversa dalle altre. Sebbene sia discendente di italiani, non aveva mai desiderato studiare la lingua italiana. L’italiano è entrato nella sua vita come un modo per tenere la sua mente occupata e in allenamento ed è diventato la sua cura quotidiana. Fábio sente quando è sulla giusta strada e non ha mai avuto dubbi di esserlo, mentre studiava la lingua italiana.

Intervista di Consuelo Peruzzo

– Ciao Fabio. Che piacere conoscerti dal “vivo”. Come stai?

  • Ciao Consuelo. Sono felice di parlare con te. Sto benissimo, grazie.

– Oh, bene! Ci racconti chi sei e che cosa fai?

  • Sono Fábio Alex Marques non ho ancora il mio cognome italiano che viene da mia madre. Ho 52 anni, vivo a Bragança Paulista una città nell’entroterra di San Paolo. Sono medico e mi sono laureato 26 anni fa. La mia specializzazione è dermatologia.

– La mia prima curiosità è: perché non hai il cognome italiano?

  • La mia famiglia ha scelto di usare il cognome paterno, ma ora sto cercando di aggiungere quello di mia mamma. Il suo cognome è Pasquini.

– Sai qualcosa dell’origine italiana della famiglia?

  • Non so molto. Mio bisnonno Gregorio Pasquini venne da Lucca e lasciò l’Italia nel 1882. Partì da Genova con una nave che si chiamava Maria.

– Dove è arrivato?

  • A Rio de Janeiro e poi andò a São Sebastião da Grama nell’entroterra di San Paolo.

– Il tuo bisnonno è arrivato da solo?

  • Sì, da solo. Non so molto della mia bisnonna che era la moglie di mio bisnonno e anche lei era italiana.

– Sai qualcosa della famiglia del bisnonno?

  • Non so niente, purtroppo. Sto cercando di capire se ci sono dei parenti in Italia o una parte della mia famiglia, ma non riesco ad avere informazioni.

– Sai cos’ha fatto il tuo bisnonno quando è arrivato in Brasile?

  • Lui lavorava come agricoltore e muratore. In quell’epoca la città dove abitava, stava crescendo e lui lavorava come muratore per questo. Poi, ho saputo che ha lavorato anche come macellaio.

– Invece, di tuo nonno, sai qualcosa?

  • Mio nonno era un uomo gentile, un grande lavoratore, era un esempio per noi.

– Tuo nonno era discendente di italiani, giusto?

  • Sì, era discendente di italiani.

– A São Sebastião Da Grama c’era una comunità italiana?

  • Non lo so, ma credo di no.

– Anche tua nonna è italiana?

  • Sì. Pensa che lei è nata in nave mentre veniva in Brasile.

– Veramente? Wow!

  • Sì, veramente!

– I bisnonni parlavano in italiano?

  • I miei bisnonni parlavano italiano. E mio nonno parlava italiano in casa. Adesso che conosco la lingua italiana, ho capito che parlavano dialetto e delle parole strane. Mia nonna e mio nonno parlavano sempre italiano tra di loro in casa, ma con i figli no. Nessuno della famiglia ha imparato l’italiano.

– Sai se i nonni o i bisnonni raccontavano qualcosa dell’Italia?

  • Ricordo che ci raccontavano delle storie tipiche italiane come la storia della Befana, quella di Pinocchio. Poi, ci parlavano delle canzoni italiane, ma non parlavano mai della famiglia italiana.

– Secondo te perché non si parlava dell’Italia?

  • Io sono il più piccolo della mia famiglia. Sono il sesto di sei figli e secondo me loro pensavano che essendo il più piccolo di tutti, non mi interessasse capire la nostra storia. Mio fratello più grande ha 30 anni più di me, quindi penso che questa differenza d’età ha inciso. Forse, secondo loro c’erano tanti anni di distanza tra me e la storia della mia famiglia. Era già passato. Poi, sempre secondo me non si parlava molto dell’Italia perché faceva male toccare questo tema.

– Non sono mai tornati in Italia?

  • No.

– Tua mamma parla in italiano?

  • No, non parla, ma canta e prega in italiano. Dice il Padre Nostro e altre preghiere.

– E che canzoni canta?

  • La bella polenta, Santa Lucia, Azzurro.

– Sono tutte canzoni molto vecchie. Io ho imparato La bella polenta quand’ero piccola, ma oggigiorno pochi la imparano ed è un peccato perché il messaggio che trasmette fa parte della nostra cultura.

Ora mi sto chiedendo perché studi italiano? Cosa ti ha portato a studiare questa lingua? Molti la studiano perché vogliono avere la cittadinanza italiana o vogliono trasferirsi in Italia. Ma i tuoi motivi non mi sembrano essere questi…

  • A novembre 2022 ho iniziato a studiare italiano perché avevo la sindrome di Burnout e dovevo tenere la mente occupata e in forma. E quindi ho deciso di studiare qualcosa che non avevo mai studiato prima, come l’italiano e per me era un modo per avvicinarmi alla mia storia, ai miei parenti. Ho iniziato per amore verso la mia storia. In aprile 2023 conoscevo già il vocabolario e sapevo varie cose, ma non sapevo ancora parlare e questo mi creava frustrazione. Mi chiedevo: “ma parlo o no italiano?”

– Quindi hai iniziato da solo. Come hai iniziato e da cosa?

  • Ho cercato video in internet, YouTube. Ho fatto un’immersione completa perché il mio cellulare è in italiano, guardavo la TV in italiano, cercavo di guardare e leggere solo cose in italiano.

– Studiavi tutti i giorni da solo?

  • Tutti i giorni. La mia routine era studiare tutti i giorni tra un appuntamento e l’altro, e a fine giornata studiavo ancora. Studiavo circa 2 ore al giorno da solo. Avevo tutto in italiano, ma proprio tutto.

– Cos’è successo ad aprile?

  • Siccome avevo paura di non parlare, cercando in internet, in Youtube e Instagram ho scoperto Giulia.

– E quindi?

  • Il corso mi sembrava affidabile perché avevo letto dei commenti sul corso, scritti da persone che sono affidabili. La sensazione che avevo, era che in questo corso io avrei parlato molto ed era il mio obiettivo.

– Hai scoperto Giulia per caso?

  • Sì, per caso. Poi, ho partecipato al corso gratuito di 4 giorni e ho fatto l’iscrizione.

– Cos’è successo? Come è proseguita la tua storia?

  • Le prime lezioni erano facili per me perché le facevo in fretta. Per me il corso mi ha dato l’opportunità di conoscere la cultura, come viveva la mia famiglia italiana, la storia. Pensa che in certi momenti mi sembrava di conoscere l’Italia senza esserci mai stato.

– Hai mai sentito frustrazione mentre studiavi?

  • L’ho sentita in 2 grandi momenti: il primo quando facevo molti errori nella scrittura perché le doppie sono un incubo [ridiamo entrambi perché so che le doppie sono il più grande incubo di ogni studente]. In questi momenti mi chiedevo: “non so cosa sto facendo, parlo italiano?”, insomma quello che io definisco “cose di Fabio”. Per me la grande perla del corso è il quaderno virtuale perché obbliga a parlare senza volere, senza sforzo. Il secondo momento è quando ho studiato la coniugazione dei verbi al passato. Che paura! [Ridiamo entrambi dopo una mia spiegazione sul perché fanno tanta paura]

– Quando hai oltrepassato la frustrazione? Quando hai capito che non è un dramma sbagliare?

  • Non l’ho ancora capito. Il mio amore verso la mia storia penso che sia più grande della mia paura e per questo ho deciso di continuare. È come la medicina: in 6 anni impariamo tutto in modo disperso e alla fine dei 6 anni dobbiamo unire tutto e ho pensato lo stesso con l’italiano.

– Anche con l’italiano hai imparato un po’ qui, un po’ lì?

  • Sì, esatto. All’inizio sembra tutto confuso, poi ho mescolato tutto e ho fatto il mio “tiramisù”.

– Penso che quest’immagine del tiramisù sia perfetta. Hai unito i tuoi ingredienti e creato il dolce finale. C’è stato un momento in cui hai detto sono sulla strada giusta?

  • Fin dall’inizio ho saputo di essere sulla strada giusta perché sentivo che stavo imparando con persone affidabili, attente; sentivo dentro di me che era giusto quello che stavo facendo e mi sembrava che i miei antenati fossero felici della mia scelta.

– In qualche modo senti di appartenere di più alla cultura italiana?

  • Sì, credo che io ho vissuto la mia vita come vivevano gli italiani in Italia. I gusti, la forma come vivo, il modo di lavorare, la famiglia è simile ai modi italiani.

– “La forma come vivo”, mi puoi spiegare cosa vuoi dire?

  • Credo che sia la maniera di vedere le cose: vedere sempre qualcosa di buono in situazioni che non sono positive, buone. Incoscientemente questo viene dalla mia parte italiana.

– Hai visto qualcosa della cultura italiana nella tua famiglia?

  • Sì, l’unione famigliare, gli amici, il valore che diamo allo studio, al lavoro, alla famiglia. Non sono una persona che va a feste, ma sono felice in un ambiente famigliare.

– Mi hai parlato del valore dello studio quindi, vorrei sapere se per la tua famiglia è stato importante farti studiare. Quando ascolto o leggo le storie dei discendenti di italiani, capisco che le famiglie hanno dato importanza alla cultura e al fatto di fare studiare i figli, quasi come una forma di riscatto, un modo per fare evolvere i discendenti, per offrire le opportunità che loro non hanno avuto. Come a dire “io non ho potuto, ma tu lo devi fare per avere una vita migliore della mia”.

  • Quando avevo 4/5 anni mi hanno chiesto che cosa volevo fare da grande e ho risposto il medico. L’ho sempre desiderato e a partire da quel momento ho fatto di tutto per esserlo. A 17 anni sono entrato nella facoltà di Medicina. La mia famiglia non aveva le possibilità economiche per farmi studiare. Io ero entrato in un’università privata. Mia mamma è tornata a lavorare per farmi studiare e mia sorell. mi mandava tutti i soldi che guadagnava a lavoro. E questo l’ha fatto per 6 anni. Nel 1993, il presidente brasiliano ha tagliato i fondi del mio corso quinsi sono stato obbligato a fermare il corso e sono stato fermo per 1 anno e 6 mesi. Ho fatto un nuovo test per iniziare nuovamente gli studi in un’università che non era privata. Sono riuscito a entrare in questa università pubblica. Pensati che c’era solo un posto e ce l’ho fatta. Ho finito il mio corso e ho fatto la mia specializzazione. Ho fatto chirurgia, chirurgia pediatrica e poi dermatologia e chirurgia dermatologica. Dico sempre che il giorno più felice della mia vita è stata la mia laurea e sono molto grato alla mia famiglia per tutto questo.

– Posso solo immaginare quanto sia stato difficile avere questo peso sulle spalle… Tornando all’italiano, ho una curiosità. Da quanto tempo desideravi studiarlo?

  • Da poco tempo. Io avevo bisogno di occupare la mia testa con le cose importanti. È una cosa recente.

– Questo corso che cosa ti ha dato?

  • Innanzitutto studiare l’italiano è stata una terapia che mi ha aiutato a guarire dalla sindrome. Il corso mi ha dato gioia ed è stata una medicina. Mi ha portato nuove speranze e aspettative nella mia vita e ora penso che quando andrò in pensione mi piacerebbe vivere in Italia. Il corso è un’esperienza meravigliosa e mi ha trasformato. Mi ha portato nuove speranze e il desiderio di vivere in Italia, una cosa che non avevo mai pensato.

– Sai che molti studenti ci dicono che si sentono trasformati dopo il corso e che nasce in loro il desiderio di vivere in Italia. Alcuni, infatti, partono e si trasferiscono in Italia. Secondo me è incredibile! Ti sei mai sentito abbandonato durante questo percorso di studio?

  • Assolutamente no.  Per me è importante la correzione e avviene durante il corso.

– Siamo giunti alla fine. Vuoi dirmi qualcos’altro?

  • Che sei una persona molto gentile e sono felice di essere qui con voi. Ho imparato ogni giorno il rispetto, la cura e le competenze. Anche se ho finito il corso, cerco ogni giorno di mantenere vivo dentro di me il fuoco italiano.

– L’ultima curiosità. Hai iniziato il corso ad aprile 2023 e l’hai terminato a novembre 2023. Come hai fatto a concludere il corso così velocemente? È incredibile.

  • Con la mia routine e credendo che avrei parlato italiano senza avere dubbi. Durante un appuntamento e l’altro studiavo e quando tornavo a casa studiavo ancora un po’. Se devo calcolare, secondo me studiavo più di due ore al giorno. Nel mio tempo libero facevo i video per il quaderno virtuale e leggevo in italiano. Ero sicuro che dedicandomi allo studio, ce l’avrei fatta. Ero fiducioso! Poi, la mia voglia di sapere era grande e si è unita al materiale di questo corso di Giulia. Inoltre, mi facevo domande in italiano alle quali cercavo di rispondere in italiano. E mi chiedevo: “come sarebbe questa domanda che faccio al mio paziente in italiano?”. Ogni giorno cercavo di pormi queste domande e rispondere cercando parole in italiano. Poi, ho impostato tutto in lingua italiana: i sottotitoli, le voci dei dispositivi, ecc.

– Fábio, ti ringrazio per avermi dedicato il tuo tempo e voglio farti i miei complimenti perché parli molto bene e ti esprimi chiaramente. Hai fatto un percorso e un’evoluzione spettacolare, bravo!

L’intera intervista si è svolta in italiano e tra una risata e l’altra, ho capito che cosa rappresenta la lingua italiana per questo studente lodevole: una vera e propria medicina che gli permette di sentirsi vicino alla sua parte italiana, quella parte che ancora non conosce profondamente, ma che giorno dopo giorno cerca di recuperare. Non è mai troppo tardi per conoscersi e per riscoprire da dove veniamo, capire le nostre usanze e i nostri modi di fare o di essere.

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